renato jaime morganti / works
Il disegno di questo mandala è stato generato dalla sequenza numerica 4986489_548748978 che Grigori Grabovoi –matematico e mistico russo contemporaneo – ha fornito il giorno 25 gennaio 2020 contro il Covid-19. La sequenza è stata tradotta in linee geometriche. Due stringhe semirigide formate da segmenti e punti o nodi disposti in successione, evidenziati da triangoli aventi una specifica inclinazione e direzione, che distano tra loro quanto i numeri delle progressioni, sia sul piano orizzontale che su quello verticale.Le stringhe sono formate da segmenti proporzionalmente lunghi quanto ogni numero e disposti nello spazio in modo da muoversi in senso orario all'interno di un campo esagonale; in secondo luogo, le stringhe sono state poi ripetute periodicamente a partire dai loro estremi, in modo da generare due cicli chiusi e simmetrici di una spirali bidimensionali e tridimensionale che descrivono il disegno di un mandala; il disegno di questo mandala è stato successivamente proiettato all'interno di ciascuna delle dodici facce di un solido regolare, un dodecaedro, in modo da "cristallizzarsi" in un complesso campo tridimensionale: una cosmografia; infine, per sottrazione, le linee sono state sostituite da micro figure triangolari che poste rispettivamente agli estremi di ciascun segmento di linea ne sintetizzano le proprietà vettoriali: intensità (distanze), inclinazione e direzione.
Le versioni dittico e trittico prevedono delle rappresentazioni affiancate in sequenza in cui i disegni delle strutture tridimensionali - le proiezioni del mandala, le linee di costruzione così come quelle del dodecaedro - scompaiono progressivamente a favore di una versione puramente percettiva e proiettiva formata da soli triangoli nello spazio.
Questo disegno, tra pianata architettonica e archeologia, fa parte di un ciclo di opere intitolato oracolar(e), basato sull’utilizzo del Libro dei mutamenti, antico testo classico cinese, come principio generatore.
Nato a scopo divinatorio e conosciuto anche come I Ching, a partire dal XVIII secolo il Libro diventa fonte di ispirazione e oggetto di studio anche in Occidente per l’interesse che gli viene riconosciuto nell’ambito delle discipline più disparate, tra cui la matematica, la filosofia, la fisica e la psicoanalisi: non ultimo quello del filosofo matematico G. W. von Leibniz che lo utilizza per creare il codice binario che è alla base dell’odierno linguaggio tecnologico.
Il progetto prevede così l’utilizzo di questo testo come strumento puramente maieutico, svuotandolo di ogni finalità divinatoria. L’idea che soggiace è quella di generare un disegno casuale, consultando una volta al giorno il testo e ottenendo un responso, per terminarlo nel momento in cui si ottiene la combinazione più improbabile: un esagramma composto da sei linee mutanti. Questo processo si è concluso dopo circa sei anni.
tracce rappresenta la traduzione geometrica di questo processo e al contempo descrive lo spazio psico-fisico all’interno del quale si è mosso: il valore numerico di ogni singola risposta ottenuta è stato fatto corrispondere ad una misura geometrica e ad una linea che a seconda della sua natura, mutante o fissa, disegnava o cancellava.
Infine, un frammento del disegno è stato applicato su una pavimentazione in pietra.
Quest’opera fa parte del ciclo intitolato oracolar(e), basato sull’utilizzo del Libro dei mutamenti, antico testo classico cinese, come principio generatore.
Nato a scopo divinatorio e conosciuto anche come I Ching, a partire dal XVIII secolo ilLibro diventa fonte di ispirazione e oggetto di studio anche in Occidente per l’interesse che gli viene riconosciuto nell’ambito delle discipline più disparate, tra cui la matematica, la filosofia, la fisica e la psicoanalisi: non ultimo quello del filosofo matematico G. W. von Leibniz che lo utilizza per creare il codice binario che è alla base dell’odierno linguaggio tecnologico.
Il progetto prevede così l’utilizzo di questo testo come strumento puramente maieutico, svuotandolo di ogni finalità divinatoria. L’idea che soggiace è quella di generare un disegno casuale, consultando una volta al giorno il testo e ottenendo un responso, per terminarlo nel momento in cui si ottiene la combinazione più improbabile: un esagramma composto da sei linee mutanti. Questo processo si è concluso dopo circa sei anni.
Una variante del disegno ottenuto è poi stata incisa a laser su pietra litografica.
mappa traduce e sintetizza in questo modo il percorso psico-fisico che l’intero processo ha seguito.
Queste opere fanno parte del ciclo intitolato oracolar (e) basato sull’utilizzo del Libro dei mutamenti, antico testo classico cinese, come principio generatore.
Nato a scopo divinatorio e conosciuto anche come I Ching, a partire dal XVIII secolo il Libro diventa fonte di ispirazione e oggetto di studio anche in Occidente per l’interesse che gli viene riconosciuto nell’ambito delle discipline più disparate, tra cui la matematica, la filosofia, la fisica e la psicoanalisi: non ultimo quello del filosofo matematico G. W. von Leibniz che lo utilizza per creare il codice binario che è alla base dell’odierno linguaggio tecnologico.
Il progetto prevedeva l’utilizzo di questo testo come strumento puramente maieutico, svuotato di ogni finalità divinatoria. L’idea che soggiaceva era quella di generare un disegno casuale, consultando una volta al giorno il testo e ottenendo un responso, per terminarlo nel momento in cui si otteneva la combinazione più improbabile: un esagramma composto da sei linee mutanti. Questo processo si è concluso dopo circa sei anni.
Un frammento di questo disegno è stato applicato a questi elementi scultorei quasi a creare un campo energetico, una forza capace di modificare le forme di ciascuno di essi.
vasi è un set di sculture in rovere tagliate al laser, ricavate l’una nell’altra senza sfridi e assemblate con una pazientissima tecnica di incastro che ha previsto l’inserimento manuale di duemila minuscoli pioli.
Quest’ opera fa parte della serie intitolata oracolar (e) basata sull’utilizzo del Libro dei mutamenti, antico testo classico cinese, come principio generatore.
Nato a scopo divinatorio e conosciuto anche come I Ching, a partire dal XVIII secolo ilLibro diventa fonte di ispirazione e oggetto di studio anche in Occidente per l’interesse che gli viene riconosciuto nell’ambito delle discipline più disparate, tra cui la matematica, la filosofia, la fisica e la psicoanalisi: non ultimo quello del filosofo matematico G. W. von Leibniz che lo utilizza per creare il codice binario che è alla base dell’odierno linguaggio tecnologico.
Il progetto prevedeva l’utilizzo di questo testo come strumento puramente maieutico, svuotato di ogni finalità divinatoria. L’idea che soggiaceva era quella di generare un disegno casuale, consultando una volta al giorno il testo e ottenendo un responso, per terminarlo nel momento in cui si otteneva la combinazione più improbabile: un esagramma composto da sei linee mutanti. Questo processo si è concluso dopo circa sei anni.
Il disegno così ottenuto qui nella versione costituita da sole linee mutanti, è stato poi applicato su una vetrata di un cavedio, a generare riflessi e specchiamenti sempre diversi a seconda del punto di osservazione.
Questo gioco caleidoscopico è poi rafforzato da un effetto percettivo più sottile che è causato dai riflessi dei singoli pattern e ricorda vagamente quello del movimento delle foglie al vento.
La mappatura di alcune piastrelle marmoree della facciata del Duomo di Milano si trasforma qui in una costellazione, un insieme di finestre attraverso cui è possibile intravvedere qualcosa che sta al di la, oltre.
In una lastra di plexiglas applicata su una fotografia sono incisi, in maniera quasi impercettibile, dei simboli astratti – mirini digitali – che descrivono le sequenze di volo di stormi prima di migrare. Le incisioni sono rese visibili da un meccanismo luminoso interattivo che le illumina nel momento in cui lo spettatore si avvicina all’opera.
B4the_storm vuole in questo modo raccontare quell’istante che caratterizza il passaggio e la trasformazione di uno sguardo da passivo ad attivo, come quello di un fotografo o di un cacciatore.
Come una cartografia o un indice di un ipertesto, questo disegno riporta dei simboli a rappresentare delle parole chiave e delle azioni ad esse collegate, in modo da suggestionare modalità di lettura parallele, trasversali e non lineari.
Questo testo astratto diviene così un paesaggio fisico e virtuale da esplorare in modalità visiva, una porzione di territorio in cui lo sguardo alterna alla percezione statica di una unità ritrovata, una visione d’insieme, la dinamica di continui suggerimenti tra possibili connessioni e potenziali percorsi.
Come una stele, una lastra in plexiglas riporta inciso su di un lato un testo in braille che è la traduzione della definizione di invisibile presa dal dizionario Devoto.
Lo spessore del plexiglas genera una serie di riflessi a seconda del punto di osservazione.
Il testo, minimamente percettibile, nella versione interattiva si illumina nel momento in cui lo spettatore si avvicina con l’intento di toccarlo.
Questo progetto per una installazione interattiva è costituito da differenti segni luminosi che diffusi nello spazio rimarcano la sovrapposizione delle maglie urbane esistenti e si attivano progressivamente a seconda dello spostamento dello spettatore, rilevandone la prossimità.
Ogni più funziona infatti da attrattore, da invito ad avvicinarsi e, allo stesso tempo, da de-localizzatore trasformandosi nel suo esatto opposto, il segno -, proprio nel momento in cui lo spettatore è prossimo, attivando contemporaneamente un nuovo segno in un altro punto del campo visivo.
Il susseguirsi di accensioni e spegnimenti genera così un percorso casuale.
Un frammento di questo disegno è poi stato applicato all’interno di uno spazio espositivo con delle elettroluminescenze posizionate a terra. Lo spettatore era invitato a raggiungere l’incrocio dei due assi luminosi in prossimità dei quali un sensore ad infrarossi si attivava spegnendone istantaneamente uno, trasformando così il simbolo più in quello di un meno e attivando in uno spazio attiguo un secondo segnale luminoso.
+ o – qua è infatti un “non indicatore di posizione” che contrariamente alle nuove tecnologie che mappano con precisione tutti nostri movimenti ci rimbalza, invitandoci così a percorrere casualmente uno spazio.
La successione numerica di Fibonacci è stata qui tracciata sulla guaina protettiva di una fibra ottica illuminata da un proiettore RGB ed evidenziata scoprendone progressivamente delle piccole porzioni luminose proprio in coincidenza delle tracciature.
Il “filo” così ottenuto può essere utilizzato a formare il disegno del simbolo dell’infinito, come in questo caso, oppure a formare disegni al contorno casuali, oppure, ancora, a misurare in maniera non lineare lo spazio circostante.
Percorrendo lo spazio installativo, alla fine di un lungo corridoio, lo spettatore scopre un oggetto luminoso, una cornice.
Questa cornice si attiva solo se attraversata, aumentando di intensità luminosa e cambiando all’occorrenza colore in sincronia con suoni sempre diversi di aperture di “altre” porte, indicando così il varco di una soglia spazio-temporale.
La porta è inoltre circondata da specchi che ne amplificano l’effetto.
L’installazione vuole essere così un invito ad andare oltre la normale percezione.
L’installazione è composta da tre scritte rosse che si rincorrono nello spazio di una chiesa sconsacrata: ”io”, “qua” e “iononsonoqua”.
Le scritte sono a loro volta supportate da due pannelli verniciati di nero, da un raggio laser rosso, e da fumo che viene diffuso lungo l’intera navata della chiesa.
Il laser rosso serve a connettere visivamente le due scritte posizionate agli estremi della navata “io” e “iononsonoqua”, rispettivamente collocate sulla parete centrale dell’abside la prima e su di uno dei pannelli neri vicino all’ingresso della chiesa la seconda.
La terza e rimanente scritta “qua” è invece posizionata su di un secondo pannello nero nell’abside in prossimità della prima scritta.
I due pannelli fungono da supporto e da mascheramento per un proiettore laser e per una macchina del fumo che è temporizzata in modo tale da far fuoriuscire il fumo con una certa scadenza fissa che ne permetta la distribuzione progressiva lungo tutta la navata.
Il secondo pannello posizionato nell’abside è poi stato ridotto di una percentuale rispetto al primo ( 39% ) in modo da creare un’accelerazione prospettica se visto dall’entrata o invertirla se è visto dall’abside. Per finire anche le luci dell’abside sono temporizzate: ogni sessanta minuti per una durata complessiva di sessanta secondi lo spegnimento improvviso delle luci renderà perfettamente visibile dall’abside il raggio rosso che attraversa tutta la navata.
Le scritte accompagnate da tutti questi frammentari elementi, sono tutti rimandi visivi che vogliono così creare un effetto di equilibrata instabilità che come un eco nello spazio raccontano la perdita della centralità: la deposizione dell’”io”.
L'installazione è costituita da dodici dia-proiettori che disposti a cerchio proiettano dodici fasci luminosi disegnando rispettivamente sul suolo una stella e sulle pareti circostanti dodici quadri luminosi.
Lo spettatore è qui invitato ad entrare nel cerchio luminoso e a vedere le dodici diverse proiezioni del suo piede che le ombre generano sulle pareti circostanti.
In questo modo si vuole tradurre sul piano visivo l'effetto sonoro dell'eco dei passi che così fortemente caratterizza la tomba di Agamennone a Micene: la luce e la simultaneità delle diverse proiezioni.
L'installazione è qui arricchita dalla presenza di segni - linee tracciate con nastro adesivo nero - che ricreano in modo astratto il disegno di un tohlos (antica tomba degli eroi) e dalla scritta "ciò che appare oggi lontano era un tempo vicinissimo".
Lo spettatore percorrendo questa cava dismessa, scoprirà progressivamente dei minimi segni, linee scavate nella pietra e verniciate di nero, che lo inviteranno ad indagare questo luogo silenzioso.